ER MISERERE DE LA SITTIMANA SANTA. I

    Tutti l'ingresi de Piazza de Spaggna
Nun hanno antro che ddì ssi cche ppiascere
È de sentì a Ssan Pietro er miserere
Che ggnisun istrumento l'accompaggna.
    Defatti, cazzo!, in ne la gran Bertaggna
E in nell'antre cappelle furistiere
Chi ssa ddì ccom'a Rroma in ste tre ssere
Miserere mei Deo sicunnum maggna?
    Oggi sur maggna sce sò stati un'ora;
E ccantata accusì, ssangue dell'ua!,
Quer maggna è una parola che innamora.
    Prima l'ha ddetta un musico, poi dua,
Poi tre, ppoi quattro; e ttutt'er coro allora
J'ha ddato ggiù: mmisericordiam tua.

                           31 marzo 1836

Giuseppe Gioachino Belli, Sonetti

Il Sonetto letto dall'attore M.Mosetti

Dai versi in romanesco alla prosa in italiano

IL MISERERE DELLA SETTIMANA SANTA. I

Tutti gli inglesi di Piazza di Spagna non hanno altro che dire di che piacere è di sentire a San Pietro il miserere che nessuno strumento l'accompagna. Difatti, cazzo! Nella gran Bretagna e nell'altre cappelle forestiere chi sa dire come a Roma in queste tre sere Miserere mei Deo sicunnum magna? Oggi sul magna ci sono stati un'ora; e cantata così, sangue dell'uva!, quel magna è una parola che innamora. Prima l'ha detta un musico, poi due, poi tre, poi quattro; e tutto il coro allora gli ha dato giù: misericordiam tua.

Per saperne di più

Molti inglesi risiedevano nella zona di Piazza di Spagna ove era anche l'albergo di Londra. Alla destra della scalinata al 26 troviamo il Keats-Shelley Memorial, dove una volta abitò Keats, che ospita cimeli dei poeti romantici.
Il Miserere per sole voci, che si usava cantare durante il Mattutino delle Tenebre nei pomeriggi del Mercoledì, Giovedì e Venerdì Santo, era stato composto da Gregorio Allegri (1584 – 1652) e fu celebrato da tuti i viaggiatori che ebbero occasione di ascoltarlo. Poiché ne era vietata la trascrizione non ne esistevano copie, ma Mozart lo ascoltò nel suo viaggio in Italia nel 1770 e lo trascrisse  a memoria.

Il “magnam” ed il “magnà, nell'ignoranza popolare, si equivalevano e rinnovavano il disagio per il problema tanto diffuso tra la massa degli indigenti romani che, guardando al benessere del clero, esprimevano la loro visione dello stato delle cose con detti proverbiali.

PROVERBI               

Chi vo imparà a magnà, dalli preti bisogna che và
(Chi vuole imparare a mangiare, dai preti deve andare)

Chi magna e caca, campa da papa
(Chi mangia e caca, campa da papa)

Preti, frati e polli nun so' mai satolli
(Preti, frati e polli non sono mai satolli)

Piatti e posate fenischeno in bocca ar frate
(Piatti e posate finiscono in bocca al frate)

Ar monno c'è sempre chi magna l'osso e chi la porpa
(Al mondo c'è sempre chi mangia l'osso e chi la polpa)

(Giuliano Malizia, 1995 – vedi Bibliografia nella Homepage)

Il Miserere tanto elogiato nel Sonetto